E’ con gran piacere che dopo alcuni anni di colpevole silenzio possiamo fregiarci di pubblicare in esclusiva una amata recensione dei nostri sopraffini ex-allievi milanesi: The Amenduni’s. Enjoy.
Il Gruppo Editoriale Leoniano
A più di un anno e mezzo dagli ultimi slanci di abusivismo pongistico, la pandemica attesa è finita ed un manipolo di estimatori della plastica e della FITET, sobillati dalla delegazione Avvoltoia® degli Amenduni, decide di tornare a cimentarsi nelle classiche gerarchie del sabato. Purtroppo la gioiosa illegalità si scontra ben presto con gli amabili dictat dell’inflessibile (nonché in-piegabile) Tode, consulente occulto del Generale Figliuolo: oltre al -comprensibile- green pass, per accedere al regno del Murialdo sono necessari obsoleti certificati medici, la collezione completa di Gormiti, un patentino da saldatore e la raccolta finita di bollini Despar. Fortunatamente al gruppo è offerta una ridente alternativa, già testata da temerari terrapiattisti in quarantena: Il Parchetto di Laghetto. All’appello accorrono golosi il Carletto, il Conte, Gioakkino, il Maestro Tessoni e svariati Amenduni, dando vita, dalle ceneri del fronte abusivo, al nuovissimo: Flat Club.
- Prima regola del Flat Club: non si parla a Tode del Flat Club
- Seconda regola del Flat Club: non si parla di spin nel Flat Club
- Terza regola del Flat Club: inondatevi di Autan o sarete mangiati vivi
LOCATION: il rupestre campo da giuoco è situato in una delle 69 aree verdi del mesmerizzante quartiere, inaccessibile senza le “precise” indicazioni del Carletto; da segnalare l’inquietante concentrazione per metro quadro di statue della madonn* presenti nell’intorno del tavolo, seconda solo a quella di Medjugorje. Ulteriori madonn* vengono peraltro diffuse nell’aere anche dalle immancabili esclamazioni agonistiche dei leonidi. Attorno al tavolo si snodano svariate barriere architettoniche per aumentare il livello di difficoltà e il rischio di addobbo, come corrimani in ferro ad altezza reni, strati di asfalto sconnesso e panchine semoventi.
IL TAVOLO: nato da un pregiato assemblaggio di elementi di calcestruzzo prefabbricato, il tavolo è l’ideale per gli amanti delle finzioni e degli “schiaccioidi”, la superficie è rifinita in acciaio per garantire ulteriore rigidità al giuoco e per generare suoni al limite del legale, mentre la retina è un monoblocco in ghisa che se colpito rispedisce simpaticamente al mittente le bombarde al triplo della velocità, solitamente dritte verso il volto. Menzione al merito va ai trapper locali che usano il tavolo per banchettare con focacce ed altre leccornie, lasciando un piacevole velo di unto ed altri resti non meglio identificati sulla superficie di giuoco.
FAUNA LOCALE: le zanzare tigre autoctone del palustre quartiere riconoscono i pongisti da chilometri di distanza e ormai li chiamano proprio per nome, sfuggire loro è cosa ambiziosa quanto vana. Degna di nota anche la fauna umana, composta per buona parte da anziani sudati come fossero a un torneo di CSI, ma invece dediti all’entusiasmante arte delle bocce.
PAGELLE BUCOLICHE
Durante la mattanza pomeridiana l’avvicendamento al bramato tavolo avviene con le formule più disparate: chi vince resta, chi perde resta, dai gioca tu, no gioca tu, al meglio di 3, al meglio di 5, non ho la racchetta, ok doppio a caso, etcetc. Nel seguito una improbabile sintesi del caos pongistico e dell’altissimo livello di gioco generati.
Andrea (Conte) “full red” Contin | voto 10!
Il Conte si dimostra ancora una volta il più performante ed equipaggiato: abbigliamento rosso al 99,999% (ormai mancano solo i denti e le suole delle scarpe), borsa frigo resistente alle lacustri temperature da cui estrae svariati ghiaccioli incredibilmente intatti, custodia Animus in vera pelle che vale probabilmente più del tavolo e le immancabili gomme random selezionate dal Gioakkino, fuori produzione dal ’89. Al Conte si deve la pulizia del tavolo con opportune pezzette (rosse), che consente al Flat Club di giocare senza dover schivare frammenti di strutto durante le partite. Su questa superficie di giuoco è lui l’indiscusso re del piatto: schiaffoni, servizi lisci, inganni, bombe a caso, la padronanza è totale, addobba agile in diverse occasioni quasi tutti gli Amenduni ed erode più di qualche set al Carletto. Pure il doppio è trionfale, complice anche la coppia di avversari puntinati di inenarrabile mestizia pongistica. Ammirevole, seppur di dubbia utilità, la pratica del Conte di segnare col gessetto le distanze dei giocatori dal tavolo, nella speranza di definire lo spazio di gioco necessario al pongista medio e di convincere la moderatissima giunta di destra a disseminare di tavoli la città…
RAS DEL QUARTIERE!
Carlo (Carletto) “vice direttore” Simonetti | voto 9 + spread!
Il Carletto, uscito indenne dalla palude lavorativa di Malo & Arzignano e tornato gajardo nell’élite dei banchieri vincentini, si presenta allo zanzarodromo munito di Autan salvando la vita a tutti. Ovviamente si palesa con il mitico Passat, che peraltro è rimasto acceso sin dall’inizio della prima pandemia per tenere in caldo i puntini. L’ultima trovata in fatto di bel gioco è quella di inserire una mascherina FFP3 fra la puntinata ed il telaio, per aumentare la mortezza delle traiettorie. Il Carletto sfoggia sicuro tutto il suo repertorio: da annoverare le sontuose mazzate tribali, i celeberrimi “fake tops”, i dritti con salto al limite del nonno vigile e un autentico “pozzetto”, colpo che genera un diffuso sentimento di commozione negli Amenduni. Le condizioni del tavolo sembrerebbero proibitive per gli schemi “rete-spigolo”, ma qui si vede il vero talento del più volte campione sociale: nonostante la rete rigida, Carletto riesce nell’impresa di prendere in pieno il bordo rete per creare un elegantissimo pallonetto che si infrange sullo spigolo cementizio, realizzando il colpo definitivo…. taluni narrano di aver visto sgorgare una lacrima da una delle statue della madonn* alla visione di cotanta raffinatezza pongistica…
IMMUNIZZATO!
Giovanni “Matsudaira” (gli) Amenduni | voto !
L’astinenza da sides degli Amenduni trova finalmente fine dopo una mesta estate al limite del verosimile, nella quale peraltro non ha potuto raggiungere il coach Anderson per la classica gerarchia Avvoltoia fra i nuraghe. Le antiche memorie di rotazione vengono immediatamente demolite dalla dura realtà: gambe impagliate, rigidità basaltica e media di 4 servizi per set sparati sulla ghisa o sul prato lo rendono facile preda degli illusori effetti dei compagni di piatto. Gli unici spiragli di luce alla fine del tunnel arrivano nel doppio random, dove gli ammortatori Carletto e Gioakkino si auto-addobbano spingendo col puntino palle a caso, e nella ormai classica sfida con sua Maestranza Tessoni. L’Avvoltoio scova nel repertorio qualche svampo residuo di rovescio, si lancia in improbabili difese dal fondo a filo di panchina e improvvisa il temibile servizio Matsudaira che genera dei quasi effetti incomprensibili all’avversario, nonché a lui stesso. Consigliando ad Antonio di giocare piatto tanto “non esistono effetti su questo campo”, rischia una clamorosa rimonta, ma sul finale ritrova un’arma di Prandiana memoria con la quale chiude lo scontro: Il Servizio Prevedibile TM.
NON HA NULLA!
Giovanni (Gioakkino) “vendimi il telaio” Sartori | voto ∞
Lo Stratega, con tanto di cicca e barba da vero hipster, arriva con passo felpato a partite ormai inoltrate per di più a pochi secondi dal risveglio pomeridiano, in stato di semi-narcolessia. Alla prima sassaiola di domande dei colleghi di piatto riesce infatti a rispondere solo con un “mi sono appena svegliato” e ci mette non pochi minuti a realizzare che chi gli sta parlando non è un caciocavallo, bensì una quota degli Amenduni in leggero sovrappeso. Destato dal torpore, rende partecipi i leoniani presenti di uno sconcertante avvenimento, mai accaduto sin dalla fondazione della FITET: si è presentato in prossimità di un tavolo senza racchetta (!). Ben presto gli viene fornito uno Jo Se-hyuk con puntino lungo, tanto elegante quanto ingiocabile, che immediatamente cerca di acquistare invano a 30€ per aggiungerlo alla sua collezione di 296 telai inutilizzati. Con tale strumento si inabissa in un labirinto di palle morte assieme al compagno di doppio Carletto…
FASE REM!
Antonio (le Maestranze) “pioggia di cesti” Tessoni | voto ♪♫♬
La chioma del Maestro si intravede oltre la siepe dell’ormai leoniano parchetto e il suo arrivo è accolto con un mix di entusiasmo e di sinistro timor allenamentis… Fortunatamente Antonio rinuncia alle ormai consuete 2,6 ore di scambi e schemi ed accetta subito la sfida del piatto contro gli Amenduni. Complice una superficie a lui ignota, il mite riscaldamento e l’erronea convinzione di poter generare una qualche forma di spin nel Flat Club, il Rachmaninov nostrano deve soccombere alle sregolatezze dell’Avvoltoio, in un match dal sapore di amarcord. Una volta ripartiti gli Amenduni per le nebbie lombarde, non si hanno notizie della restante parte del pomeriggio, pare che i leonidi abbiano deciso di sfidare gli anziani nel bocciordomo, ma il tutto è avvolto dal mistero…
TAMPONICO!
Andrea “sua Presidenza” Munari | Menzione speciale
Nulla si muove in ambito Leoniano senza il benestare di sua Presidenza: è il Munari infatti che testa e certifica il livello di piatto del cementizio campo di giuoco la mattina stessa, con il prezioso aiuto del piccolo Ettore, erede per linea di sangue di tutti i possedimenti leoniani e prossimo artefice del destino del Direttivo.
REGALE!
Citazione anti-consumistica dal romanzo “Fight Club” (1996), di Chuck Palahniuk: “Le cose che una volta possedevi, ora possiedono te”; trasposizione lacustre allo statuto del rinomatissimo Flat Club: “Le cose che una volta addobbavi, ora addobano te”. Chiudo con un ringraziamento per l’album di figurine della Leoniana.